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La trasformazione urbanistica di una città ha inizio apportando innanzitutto alcuni piccoli interventi. Tutte le grandi opere sono un insieme di tante piccole opere e, in attesa che il Piano Urbanistico Generale di Galatina cominci a produrre effetti positivi sul territorio, in molti pensano di salvaguardare quelli che, nel tempo, credono diano diventati diritti acquisiti.

Per motivi legati al censo, oppure all’avidità umana, o meglio ancora al tempo passato (inteso come una personalissima forma di usucapione che non trova spazio e tempo nel Codice civile), c’è sempre chi si arroga il diritto di fare scempio del territorio o di ciò che sul territorio insiste.

Questa volta, tra una passeggiata e l’altra nel centro antico di Galatina, mi sono avventurato nelle strade, vie, viuzze e piazzette che elevano la nostra città tra le più belle della provincia.

L’ammirazione, mia e delle persone con cui spesso mi accompagno, nel “gustare” le architetture religiose e civili della nostra città non è misurabile con nessuna umana unità di misura.

In questa sede limito le mie osservazioni a quanto ho visto e fotografato in Corso Garibaldi e in Via Cavour (la parte iniziale che costeggia la Basilica orsiniana di Santa Caterina d’Alessandria).

La vigilanza purtroppo sembra distratta in questa nostra disgraziata città. Non si capisce come mai una corte, all’ingresso della quale è ben visibile la targa “Segue la numerazione”, possa diventare all’improvviso spazio privato grazie all’installazione di un cancelletto che inibisce la pubblica fruizione (vedi foto 1). Questo è quanto ho visto nei pressi di quello che dovrebbe essere registrato con il civico 53 in Corso Garibaldi, appunto. Di bello e buono è spuntato un cancello metallico che non permette l’uso dello spazio identificato come “sotta a llu Minnella”.

Un po’ prima, sempre in Corso Garibaldi, subito dopo il civico 41, da tempo immemorabile, vi è un altro cancelletto che chiude uno spazio che dovrebbe essere inventariato nel demanio comunale. Una targa sul muro ricorda a tutti che si tratta di Corte Colella (foto 2), ma della corte ormai non ha più nulla, anzi. Sembra proprio uno spazio intercluso in non si sa quale proprietà privata.

Quasi di fronte a quella che una volta era… Corte Colella vi è un’altra corte (tra i civici 48 e 50) che non si sa più quale denominazione avesse in origine. Il motivo è dato dal fatto che qualcuno ha “diligentemente” provveduto ad asportare la targa (vedi foto 3) mentre la città, il suo centro antico e la sua storia continuano ad impoverirsi, e nel frattempo qualche neo ricco crede di conquistare il prestigio che la sorte non gli ha concesso.

Disgustato, ho proseguito la mia passeggiata, nella speranza di sbollire la rabbia. Ma non ho resistito quando, in Corte del Fuoco, nei pressi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, mi sono imbattuto in un altro cancelletto che chiude un’altra corte (foto 4).

Quella di impadronirsi di spazi pubblici sembra sia diventata la pratica sportiva preferita da parte di più di un galatinese. E così ho cercato di trovare rifugio nella parte nuova della città.

Ma lo sconcerto è definitivamente debordato quando sono passato nei pressi dell’edificio che ospita il Mercato coperto. Il ripristino dei luoghi, i cui lavori sono stati completati appena pochi anni fa, sono ormai un flebile ricordo dal momento che il degrado è sotto gli occhi di tutti (foto 5).

Per questa volta dovrebbe bastare così. Anzi, un’ultima annotazione.

La toponomastica nella nostra città e nelle sue frazioni non sempre è installata o è ben visibile. In alcuni casi trovare una strada è opera ciclopica.

Infatti, è successo pochi giorni fa che per rintracciare Via Sebastiano Cuccarollo (per tutti coloro che non lo sanno si tratta di una nuova strada così denominata a Noha e dedicata all’illustre arcivescovo veneto che tra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso ha retto la Curia di Otranto) qualcuno è dovuto ricorrere al soprannome della persona cercata.

In un mondo super tecnologico è vergognoso che succedano ancora fatti del genere.